I testi del CDRC

Piero Gobetti,  "Le letture del Popolo",
febbraio 1922, Scritti Politici pag.241 sgg

 Leggere non significa essere morali. Leggere è un atto pratico, su cui non è possibile dare un giudizio di valore. Essenzialmente formale questo atto attende il suo contenuto dalla volontà individuale. Perciò non esiste il libro del popolo (come non esiste il popolo, definito e compiuto). Non esiste il libro difficile ne il libro facile. Il libro facile, dilettevole [...] è immorale. Morali sono soltanto il lavoro, la fatica, l'energica volontà; la gioia tranquilla, il compiacimento inerte sono infeconda debolezza umana. I libri che vorrebbero recare la gioia al popolo si dirigono ad un popolo di maniera e lo solleticano al più banale sentimentalismo. Queste facili letture che vorrebbero (e ci riescono, infatti) sostituirsi alla tendenza al vizio sono più viziose della bettola, perché con maggiore ipocrisia ricercano diletti sensuali (c'è una sensualità del sentimentalismo, del misticismo, della facile erudizioncella).  La cultura e l'elevazione del popolo sorgono col desiderio di vedere chiaro nelle proprie condizioni, nei propri bisogni. Allora scompare il concetto inerte o corruttore, del 'facile'. Conosciamo operai che han voluto leggere Marx e lo hanno penetrato. Poi sono riusciti a leggere Dante e Leopardi. L'economia individuale, diventata esperienza, generava il libero esercizio di una cultura critica disinteressata: dall'economia all'etica, dal partito all'umanità. "L'Ordine Nuovo" stampa articoli di fondo che i lettori del "Resto del Carlino" leggerebbero a disagio: gli operai non li intendono a prima lettura, si raccolgono insieme, li discutono, li assimilano. Volete una cultura popolare? Scatenate le autonome volontà e le libere iniziative: ne
sorgeranno reali problemi cui i non ancora esperti sapranno dare solide soluzioni. Allora si preparerà ognuno il suo elenco di libri da leggere...
 

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